La Presidente Meloni è in Ethiopia. Per interesse di chi? L’Etiopia ha in Italia il primo fornitore e terzo cliente a livello europeo, mentre in un’ottica globale è rispettivamente quinto e nono. L’ammontare dell’interscambio commerciale italo-etiope è a quasi 310 milioni nel 2019, stando ai dati della Farnesina. Gli Investimenti Diretti Esteri italiani ammontano a 184 milioni di euro (dati 2018). Un esempio concreto di questa nuova politica economica è rappresentato dalla Salini-Impregilo, azienda che ha realizzato progetti nel settore dell’energia idroelettrica per un valore di 9 miliardi di euro, costruendo impianti che sono tra le opere principali del Piano di Sviluppo Energetico del Paese. Molte aziende italiane hanno inoltre aperto nuovi punti di produzione sul territorio.
Piano Marshall per l’Africa o Nuovi mercati a bassa manodopera?
Il Corno D’Africa “è per noi cruciale e sensibile”, ha detto la nostra Presidente del Consiglio. Anche perché si tratta di una terra che ospita 823 mila rifugiati e 4,2 milioni di sfollati, che poi sono tra quelli che, attraverso Sudan e Libia tentano la fortuna sui barconi per arrivare in Italia. “Penso che il Piano Mattei – assicura la premier – produca molto più dello sforzo che richiede, per l’interesse nazionale italiano, per l’interesse europeo, per la stabilità di un continente sul quale forse negli ultimi anni non abbiamo fatto abbastanza”. Non è che si sta provando a replicare il Memorandum Italia – Libia anche con i paesi del Corno d’Africa? Le premesse non mancano. La presidente del Consiglio rileva il numero enorme di profughi e sfollati presenti in Etiopia, sottolineando che potrebbero essere potenziali richiedenti asilo, arrivando in Italia “sui barconi dei trafficanti”.
1 – Non una parola sul fatto che milioni di questi potenziali rifugiati sono il frutto della terribile guerra scatenata dal governo di Addis Abeba e dall’Eritrea in Tigrai. Guerra che le autorità di governo hanno sempre presentato come una operazione interna di ordine pubblico ma che, secondo le stime più attendibili, è stata in realtà una guerra genocida, con circa 600 mila morti, 2,2 milioni di sfollati, 75 mila profughi fuggiti in Sudan, la distruzione sistematica di tutto ciò che rappresenta “l’identità tigrina”, quasi a voler cancellare lo spirito stesso di un popolo, aggiungendo al genocidio fisico delle persone il genocidio culturale.
2 – Non una parola sul “limbo” in cui sono precipitati, i profughi eritrei in Etiopia, dopo l’accordo di pace firmato tra Etiopia ed Eritrea nel giugno 2018 e, sempre più spesso, anche in Italia, ignorando che quelle centinaia di migliaia di persone sono fuggite non per lo stato di guerra ma per la persecuzione subita dalla dittatura Eritrea.
Un silenzio assordante. Dovuto forse al fatto che, a proposito di stragi, l’Italia ha trascorsi terribili in Etiopia nel periodo del cosiddetto impero coloniale dell’Africa Orientale. Basti ricordare il massacro di Addis Abeba seguito all’attentato al viceré Rodolfo Graziani: almeno 7 mila vittime in tre giorni di pogrom in città e quasi 30mila nella lunga vendetta che si è protratta per mesi in tutto il paese. Senza contare i 300 mila morti provocati dalla guerra e dall’occupazione, le leggi razziali e via dicendo. Trascorsi di cui l’Italia non ha mai chiesto scusa in passato così come non lo ha fatto in quest’ultima occasione della visita della presidente Meloni ad Addis Abeba, mentre si sarebbe potuti partire proprio da queste scuse per invocare e sostenere una politica di pace che tenga conto in particolare di quanto è accaduto in Etiopia e nel Corno d’Africa non solo dall’inizio della guerra in Tigrai ma in tutti questi ultimi anni. Intendo “scuse” non formali ma tangibili, come una diversa politica sull’immigrazione e l’accoglienza. E, invece, si va esattamente nella direzione opposta.
Ne è una prova il decreto migranti approvato a Cutro, un provvedimento con cui il governo restringe l’interpretazione della cosiddetta «protezione speciale».
Ma cos’è il permesso per protezione speciale? Questo particolare documento concesso dalla Commissione serve a proteggere persone straniere dal pericolo di essere rispedite in paesi dove rischiano gravi pericoli di discriminazione politica, religiosa, di orientamento sessuale, persecuzioni giudiziarie o sociali, prigionia e anche condanne a morte. Tale cancellazione avrà due principali effetti: da un lato aumenterà il contenzioso giudiziario in maniera esponenziale; dall’altro si toglierà uno strumento di tutela della vita di singoli e famiglie ed ha contribuito significativamente a contrastare il lavoro in nero presso le aziende e le famiglie italiane..
Il contesto governativo è di per sé inadeguato umanamente e politicamente ad affrontare un fenomeno sociale come quello dell’immigrazione che non è nuovo o emergenziale e non andrebbe affrontato con criteri e strumenti d’urgenza e attraverso politiche di repressione e contenimento senza, peraltro, essere in grado di mostrare alcuna pietà verso le persone (mai viste o abbracciate) dei cui drammi ci si deve comunque ritenere responsabili.
Questo non è Stato.