In questo mese dove viene celebrata la Diversità in Europa, a roma come a Bologna, è stata approvata,  la scorsa settimana durante la seduta di Consiglio comunale, una mozione di sensibilizzazione sul diritto alla cittadinanza e allo ius soli. Primi firmatari dell’atto i consiglieri Nella Converti, presidente della commissione Politiche sociali, e Lorenzo Marinone, delegato del sindaco alle politiche giovanili.   Inoltre il testo impegna il sindaco e la giunta “a potenziare le procedure messe in atto da Roma Capitale per l’acquisizione della cittadinanza” da parte dei neo diciottenni nati da genitori non italiani e da parte degli stranieri presenti sul territorio. In questo senso si prevedono azioni per informare ragazze e ragazzi della possibilità di richiederla entro il compimento del diciannovesimo anno. E ancora la mozione impegna “ad attivarsi, in rete con altri Comuni, per sollecitare il parlamento affinché l’iter di riforma della cittadinanza si concluda positivamente e il legislatore approvi una nuova legge che garantisca alle donne, agli uomini, alle bambine e ai bambini che vivono in Italia e che sono figli di genitori non italiani il riconoscimento della cittadinanza italiana attraverso procedure più eque, inclusive, certe e rapide di quelle attuali”. 

Dunque, aumentano le città che stanno approvando delle mozioni sull’argomento della Cittadinanza.

È in discussione in questi giorni alla Camera il disegno di legge sul cosiddetto ius scholae: la concessione della cittadinanza italiana a minori stranieri che frequentano le scuole del nostro paese. Il ddl, proposto dall’on. Giuseppe Brescia, presidente della Commissione Affari Costituzionali, unifica in un breve testo varie proposte presentate nel corso della legislatura intorno al tema assai tormentato della riforma del codice della cittadinanza, risalente al 1992.Il testo recita:

“il minore straniero nato in Italia o che vi ha fatto ingresso entro il compimento del 12esimo anno di età, che abbia risieduto legalmente e senza interruzioni in Italia e che abbia frequentato regolarmente, nel territorio nazionale, per almeno cinque anni, uno o più cicli scolastici o percorsi di istruzione e formazione professionale acquista la cittadinanza italiana”.

Si tratta di una proposta molto breve (due articoli), volutamente minimalista e pragmatica, per ridurre al minimo i conflitti interpretativi e le contese sugli emendamenti.

Attualmente all’esame della prima commissione della Camera, il progetto dovrebbe passare in aula, per poi approdare al Senato. Come nella passata legislatura, undici mesi potrebbero non bastare per completare l’iter legislativo. Le divisioni tra i partiti seminano incertezza sul percorso del ddl. L’esperienza mostra che non è facile raccogliere il consenso necessario per varare provvedimenti così rilevanti sul piano simbolico e identitario, di cui si può prevedere la strumentalizzazione in una campagna elettorale ormai imminente.

Riformare il codice della cittadinanza significa infatti aprire una discussione sulla concezione della nazione. Sviluppata in epoca romantica, l’idea di nazione ha storicamente oscillato tra una concezione “etnica”, più legata alle comuni origini, alla storia condivisa, alle memorie culturali, spesso anche a una tradizione religiosa (il recente conflitto russo-ucraino ce lo ricorda tragicamente), e una concezione più inclusiva, repubblicana nel senso francese, ossia riferita alla partecipazione sociale, all’adesione ai valori politici fondamentali, alla costruzione di legami con altri cittadini. 

Dipende da Noi quale via scegliere.