È di questi giorni la notizia della volontà di alcuni redattori e collaboratori di Radio Città del Capo di rendere disponibile il patrimonio musicale, culturale e politico che ha inondato per trent’anni la storica frequenza Bolognese, chiusa nel 2021.
Per questo è stato lanciato un “Crowdfunding” e si inoltrerà la richiesta alla soprintendenza archivistica di riconoscere l’archivio di RCdC come bene culturale di valore nazionale
Questa iniziativa tocca il mio cuore e tocca la mia mente.
Il mio cuore è colpito perché gli studi di RCdC hanno ospitato la mia voce immatura ed emozionata più volte, facendomi vivere il brivido della diretta e facendomi comprendere la profondità di un’informazione piena di ricerca. RCdC è stato un mondo dei sogni calpestabile per chi come me aveva sete di esperienze autentiche ed opportunità. La passione di chi ha vissuto RCdC ha accompagnato alla Barca la nascita di Radio CAP, la web Radio nella quale ho imparato a fare politica, a studiare l’informazione e la comunicazione, a curare la comunità, a vivere le amicizie, ad articolare i pensieri in parole e le parole in azioni.
Al contempo la mia mente si piega sulla riflessione dei vuoti narrativi che la carenza di esperienze come RCdC hanno lasciato in città e nel nostro paese. Le radio libere avevano una caratteristica peculiare che non è ancora stata pienamente assorbita dalle nuove realtà emergenti, con l’informazione agivano sulla città, la trasformavano dialogandoci. Oggi l’informazione incide sull’opinione pubblica, crea tendenze e nuove sensibilità, ma poche volte abita le città e contribuisce a decifrarle nei loro fenomeni facendole crescere. Un archivio potrebbe servire per aprire una riflessione su questa eredità.
Ad essere onesto in questi giorni la mia mente è ancora più impegnata del solito nel ricercare la giustizia nella narrazione di ciò che accade in città, nel perdersi nei vuoti narrativi e in come ciò incida sulla comunità.
Socializzo alcune delle domande che mi sono posto, e che forse uno speaker di RCdC o di altre radio libere avrebbe potuto formulare a chiunque di noi sulle vicende di Ultima Generazione.
Cosa ne pensa delle azioni di protesta di Ultima Generazione?
Riconosce il blocco del traffico come forma di protesta? da sempre è una modalità utilizzata per dimostrare il proprio dissenso o presentare istanze a chi Governa, lo hanno fatto i Pastori sardi, i lavoratori metalmeccanici, gli operatori della cultura fino ad arrivare a chi si occupa della logistica.
Pensa che gli attivisti per il clima siano dei terroristi? In che modo starebbero mettendo in atto azioni terroristiche? In tutte le loro pagine social, nelle loro dichiarazioni e dimostrazioni pubbliche richiamano alla pace, alla non violenza e al rispetto della natura.
Crede che il confine del giusto sia sempre il legale?
Crede che i divieti di dimora o gli obblighi di firma siano risposte adeguate agli atti compiuti dagli attivisti? In che modo tutelano la pubblica sicurezza? Non sarebbe più semplice porre al centro dell’agenda politica la questione ambientale come risposta a queste forti proteste?
Loro si stanno prendendo la responsabilità di lanciare un allarme accettando le conseguenze legali che ciò comporta. Lei per il cambiamento climatico che responsabilità si sta assumendo?
Mancano spesso queste domande, mancano spesso le risposte, manca giustizia nel racconto. Un archivio per ricordare RCdC può essere un tassello utile ad aprire una riflessione sull’informazione in città e l’analisi del reale, cosa che auspico come cittadino e politico.