Ho appreso dai giornali della continua pressione sull’Istituto minorile del Pratello in termini di sovrannumero dei detenuti e contestuale carenza di operatori, è di questi giorni la notizia di 10 agenti di polizia penitenziaria trasferiti e non sostituiti.
In queste condizioni qualsiasi percorso educativo assume una complessità notevole, è fondamentale che si provveda a tutti i livelli istituzionali per ricomporre la crisi che si sta vivendo da lungo tempo negli istituti penitenziari, che ad oggi rischiano di essere solo un parcheggio di carne viva, ciò diventa ancora più grave quando ad essere parcheggiato senza prospettiva e cura è un minore.
Alla luce della crisi profonda che gli istituti di detenzione stanno vivendo è opportuno a mio parere riflettere seriamente su tutti i percorsi alternativi alla detenzione, da potenziare e diffondere il più possibile per rendere il carcere un’ipotesi residuale.
Tale prospettiva ad oggi pare utopica, non perché irraggiungibile, ma perché la volontà politica di chi oggi ci governa si muove esattamente in un altro senso, piegata alla divina deterrenza come arma di distrazione di massa, nell’ingenua o spietata convinzione che la minaccia di qualche anno in più di carcere o qualche ammenda più severa possano cambiare il corso del crimine in Italia. La prova di ciò è da ultimo il Decreto Caivano, sul quale ho espresso il mio parere negativo lunedì scorso.
In un contesto politico nel quale il carcere è usato solo come clava minacciosa nei confronti di qualsiasi comportamento non conforme, sollecito l’amministrazione comunale a fare il massimo per muoversi nel senso opposto e fare valere in tutte le sedi opportune i mezzi a disposizione per rendere più sostenibile la vita degli istituti di detenzione ospitati dal nostro territorio, a partire dall’implementazione di figure educative fino alla creazione di percorsi educativi e di prevenzione fuori dalle mura carcerarie.