Il tema povertà è di tutti, sono quasi raddoppiate nel giro di tre anni le famiglie costrette a rivolgersi alle mense francescane per sopravvivere. Dal 2019 ad oggi, sottolinea il direttore dell’Antoniano, “abbiamo visto aumentare anno dopo anno le famiglie che si rivolgono alle mense di ‘Operazione Pane’ per un pasto caldo o per un supporto nelle spese quotidiane. Quest’anno sono oltre 100 le famiglie sostenute dalla mensa dell’Antoniano, con un incremento del 90% rispetto al 2019. Si parla di 128 mamme, 55 papà e 223 bambini, oltre a circa 1.500 singoli utenti e quasi 4.700 pasti distribuiti ogni mese. Per l’Antoniano è un “dato allarmante in linea con l’ultimo Rapporto Istat 2022, secondo cui nel 2021 versavano in condizione di povertà assoluta poco più di 1,9 milioni di famiglie e circa 5,6 milioni di individui “. Per sostenere le famiglie in difficoltà, l’Antoniano ha lanciato una campagna sms solidale già attiva fino al prossimo 9 dicembre. Per offrire un contributo basta inviare un sms o fare una telefonata da rete fissa al numero solidale 45588.
Anche Caritas Diocesana conferma i dati dell’antoniano. Si parla di studenti universitari costretti a dormire per strada perché non possono permettersi una stanza in affitto, di famiglie che, dopo aver fatto fronte ai bisogni primari, non riescono più a sostenere i costi delle cure sanitarie e rinunciano al dentista o allo sport per i figli. Un’onda lunga di cui ancora non si vede la coda e che dispiegherà i propri effetti nei prossimi anni. “Dobbiamo prepararci per non dover sempre rincorrere le emergenze”, spiega il direttore don Matteo Prosperini a margine dei ‘Cantieri Caritas’ che si sono svolti al Mast.
La pandemia e l’attuale crisi economica hanno “peggiorato la condizione di chi già viveva nel disagio. Dopo un 2020 in cui i centri di ascolto sono stati sommersi dall’emergenza, nel 2021 la situazione sembra essere migliorata , grazie anche agli aiuti statali che hanno tamponato tante situazioni di difficoltà. È una quiete prima della tempesta, i cui primi sentori sono già visibili, anche se sotto traccia”, evidenzia Prosperini.
Il lavoro, innanzitutto, con famiglie che non riescono a trovare un impiego una volta perso quello precedente, magari anche a pochi passi dalla pensione, e giovani lavoratori poveri precari e con salari da fame.
“La seconda attenzione va posta all’aumento dei senza fissa dimora”, avverte la Caritas. Pesa, ovviamente, anche la crisi energetica, foriera di nuove povertà. La crescita delle richieste e degli aiuti economici per le bollette sta iniziando a nascondere una diminuzione di altre richieste, che non sono meno prioritarie, ma che diventano secondarie nella lotta quotidiana alla povertà e “prima o dopo emergeranno come debiti o povertà future”.
Povertà già presenti tra le famiglie che non riescono a curarsi o a pagare studi e strumenti digitali per la scuola, accrescendo i rischi di povertà educativa e “bruciando il terreno delle nuove generazioni”. “Pensare che il denaro risolva tutto è una percezione miope, perché le questioni abitative, discriminatorie, non si risolvono solo coi soldi, ma cambiando la nostra cultura”, spiega Prosperini.
Ora alcune considerazioni sul Reddito di Cittadinanza.
Secondo Tridico, il Presidente dell’INPS, il Reddito di Cittadinanza è servito perché senza il sussidio resterebbe come alternativa solo la Caritas.
Il Reddito di Cittafinanza ha poco più di due anni. Le famiglie che hanno ricevuto il Reddito di Cittadinanza sono state 1,58 milioni, con differenze accentuate tra Nord e Sud del Paese. L’importo medio è stato di 584 euro. Questo importo basta per uscire dalla povertà assoluta? Secondo diverse fonti, “malgrado un tasso di copertura non molto elevato, il Reddito di Cittadinanzaha avuto un effetto significativo sulla povertà e sulla diseguaglianza”. Il 57% di quanti hanno ricevuto il Reddito di Cittadinanza sono usciti dalla povertà.
L’adozione del Rei prima e del Reddito di Cittadinanza dopo, va considerata come un test per individuare i problemi e risolverli. Due di questi, prevedibili ma solo ora quantificabili, consistono nel fatto che un certo numero di poveri non lo ha percepito mentre un certo numero di percettori del sussidio non lo meritava. Questa anomalia, presente in tutti i Paesi, è scontata ma va circoscritta il più possibile.
Per concludere, alcune considerazioni sulla spesa sociale che penalizza i giovani. Pensiamo agli adolescenti ad esempio, che hanno vissuto due anni di isolamento e ora faticano a reinserirsi nel contesto sociale e nelle nostre scuole: stiamo parlando di giovani generazioni che hanno bisogno di essere ascoltate, comprese e aiutate perché portatrici di valori.
Osservando la ripartizione della spesa sociale tra classi d’età risulta evidente lo squilibrio. Uno studio di Openpolis suddivide la popolazione in 4 fasce d’età e mostra da una parte come la povertà tra gli anziani sia diminuita e di come però solo il 4% della spesa sociale sia destinata a chi ha meno di 40 anni.
Chi è in difficoltà economiche vive una condizione di fragilità che gli rende difficile cogliere le opportunità, sfruttare il proprio talento, cercare di riscattarsi. Preoccupa soprattutto la “trasmissione” generazionale della povertà, “di padre in figlio”. Il figlio dell’operaio farà, se è fortunato, l’operaio.
In Italia il numero di bambini ed adolescenti che vivono in condizioni di povertà assoluta è più che raddoppiato negli ultimi anni: negli anni 60-70 la scuola era percepita come “ascensore sociale” che aiutava chi non aveva la fortuna di nascere nella famiglia giusta o nel luogo giusto a “spezzare la catena”.
Oggi, che l’accesso all’istruzione è alla portata di tutti (o quasi), non è più così. Anzi, rispetto ai loro coetanei, i bambini delle famiglie più povere hanno una maggiore probabilità di fallimento scolastico, di abbandonare precocemente la scuola e non raggiungere mai livelli minimi di apprendimento.
Le povertà di oggi sono complesse e ci costringono a essere comunità.
La povertà economica alimenta la povertà educativa e viceversa. L’Italia spende molto di più in protezione sociale che in istruzione. Un circolo vizioso che però non è irreversibile. Dobbiamo creare un reddito di cittadinanza equo ed efficiente per la dignità umana ed investire sull’istruzione e nella scuola.