Dopo una giornata sulle montagne russe, con un quasi accordo e poi un’improvvisa rottura, alla fine a Lussemburgo l’intesa che riguarda il Patto sulla migrazione è finalmente arrivata, dopo anni di negoziati infruttuosi. 

Sul tavolo i due testi chiave del Patto, che costituiscono una riforma (non un pieno superamento) dell’attuale regolamento di Dublino che lo Stato Ue di primo approdo è responsabile del migrante irregolare. 

L’ultimo intoppo è stato rappresentato dall’insistenza della Germania nel limitare fortemente il concetto di Paese terzo sicuro di transito in cui poter rinviare migranti irregolari (come l’Italia punta a fare con la Tunisia). 

La Germania aveva fatto passare un testo in cui si indica che sarà possibile rinviare migranti irregolari in Paesi terzi con condizioni rigide, sostenendo innanzitutto che il migrante in questione deve avere un collegamento diretto con quel Paese (anzitutto familiari). Alla fine, però, la quadra si è trovata con il classico stratagemma all’europea: il principio rimane, ma sta a poi allo Stato membro valutare come e se applicare questi criteri.

Quali sono le novità​? Una procedura comune. 

Il “Patto dei migranti” in discussione ieri in Lussemburgo ha due capitoli-chiave: la revisione della procedura d’asilo (Apr) e la gestione dell’asilo e della migrazione (Ammr). 

Il primo obiettivo è quello di riformare la procedura comune in tutta l’Unione europea per concedere o revocare la protezione internazionale e per stabilire rapidamente alle frontiere chi può avere diritto all’asilo e chi invece no.

Tempi certi. C’è un termine di 12 settimane da rispettare da parte dei vari Paesi membri: l’esame delle domande d’asilo dovrà avvenire dunque entro massimo tre mesi dalla presentazione. Non solo: verrà introdotta una quota annuale di posti da ripartire in ogni Paese sulla base di una formula che tiene conto del Prodotto interno lordo e della popolazione di ciascuno Stato.

Si ai  ricollocamenti. È stato previsto dalle istituzioni europee un bacino di 30 mila ricollocamenti l’anno. I Paesi che non vorranno partecipare al meccanismo potranno farlo ma pagando una specie di “una tantum” per ogni migrante non accolto: si tratta di una cifra di 20mila euro a persona non ospitata. Occorre poi individuare Paesi terzi non di origine verso i quali sia possibile rinviare i migranti che vengono espulsi.

Ci saranno misure eccezionali. In caso di arrivi incontrollati di stranieri su un determinato territorio, è stato studiato un meccanismo che consente al Paese interessato di applicare misure eccezionali. Da ultimo, la Commissione ha messo a punto un cambiamento della versione attuale del regolamento di Dublino, con nuove disposizioni pensate in particolare per i Paesi di primo ingresso.

Gli Stati membri tendono a delegare la gestione di asilo e migrazione lungo le rotte ai Paesi terzi con costosi interventi economici, come successo con il Memorandum d’intesa sulla migrazione siglato nel febbraio del 2017 e rinnovato nel novembre 2022 tra il governo italiano e quello libico per tenere fuori dall’Europa migranti, rifugiati e richiedenti asilo. In automatico questo continuerà ad alimentare la spirale di violenze, torture, abusi e detenzione arbitraria a cui sono sottoposti uomini, donne e bambini che restano intrappolati in Libia o in Libia vengono respinti, dopo essere stati rintracciati in mare. L’accordo prevede il sostegno alla cosiddetta guardia costiera libica, attraverso fondi, mezzi e addestramento. 

Continuare a supportare questo sistema significa non solo contribuire direttamente e materialmente al respingimento di uomini, donne e bambini ma anche sostenere i centri di detenzione – ufficialmente definiti “di accoglienza” – dove le persone vengono sottoposte a trattamenti inumani e degradanti, vengono abusate e uccise. 

Ecco perché critichiamo ulteriori accordi con altri paesi terzi, perché come la Libia non sono sicuri. Ora ci vogliamo macchiare anche delle stragi a largo della Tunisia. Non impariamo Mai.