La nostra Costituzione è molto bella, nei suoi princìpi e articoli fondamentali, ma anche e soprattutto nel suo “spirito” complessivo. Si tratta, infatti, di un documento fondato su pilastri essenziali, quali la socialità, il rispetto e la valorizzazione della persona, su una profonda carica etica ed umana, un vero a proprio inno alla dignità, alla legalità ed alla solidarietà. Una Costituzione destinata non solo ad affermare alcuni fondamentali princìpi, ma ad esprimere (spesso in modo perentorio) l’aspirazione al riconoscimento profondo della dignità e dell’uguaglianza, nonché dell’effettività dei diritti; una Costituzione, infine, profondamente, intrinsecamente e volutamente democratica e antifascista. La spiegazione sta solo in un precedente storico assolutamente imprescindibile, cioè la Resistenza. Un incontro tra persone di origini, professioni, mestieri, cultura e orientamento diversi, spesso anche in modo profondo. Non a caso, nei giorni, e nelle ore in cui non c’erano impegni di combattimento o altre imprese anche solo difensive, si parlava e si discuteva, guardando ben oltre l’obiettivo principale, cioè la liberazione, cercando di immaginare e costruire il “dopo”. La capacità di guardare lontano, furono le discussioni e le azioni, così come quei momenti di pausa in cui nacquero riflessioni e discussioni, a rafforzare non solo l’impegno contro il nemico attuale e violento, ma anche contro ogni tipo di insidia, compresa l’ipotesi di un semplice ritorno – dopo la liberazione – al periodo pre-fascista. Fu proprio l’incontro tra origini, mentalità, provenienze diverse a cementare sogni e amicizie ed a preparare il terreno per quel grande incontro tra “diversi” che sarebbe stata l’Assemblea Costituente.

La Costituzione non è invecchiata affatto ed è un dono magnifico che dobbiamo trasmettere ai nostri figli, sempre ricordando che la sua matrice è la Resistenza, uno dei momenti fondamentali della storia del nostro Paese, in cui tante e tanti trovarono la forza per prendere in mano il proprio destino.

Per questo in questo periodo buio cito: l’ARTICOLO 11- L’ITALIA RIPUDIA LA GUERRA.

I nostri padri costituenti, quindi, decidono di cacciare l’idea di guerra attraverso un rifiuto che si basa sull’esperienza. Nel nostro paese questo principio di rifiuto e di ripudio si è andato scardinando, specialmente negli ultimi vent’anni. Dalla guerra nella ex-Jugoslavia a oggi ci siamo addirittura abituati al concetto di “guerra umanitaria”, una vera e propria bestemmia poiché la guerra è esattamente la negazione di tutti i principi del rispetto umanitario. Forse non ce ne rendiamo conto, ma le guerre “combattute”, in cui si fronteggiano due eserciti e le persone vengono ferite, mutilate, costrette a scappare a causa di bombardamenti e scontri, continuano a esistere e sono tantissime. La guerra non si può umanizzare, si può solo abolire. Era già chiaro che la natura stessa della guerra, la violenza delle armi è fuori controllo, ed è quello che stiamo vivendo oggi. Il senso di sicurezza dei cittadini di tutte le parti del mondo, anche dove non c’è vero conflitto armato, è diventato molto più labile. Io non credo che oggi, nonostante tutti gli investimenti formali in sicurezza, siamo più sicuri di venti anni fa, anzi, tutt’altro e questo dovrebbe farci ragionare su come superare l’idea di guerra, che diventa invece un modo di pensare: la logica di prevaricazione del più forte comincia a pervadere anche altri settori. Teniamo conto che in Italia negli ultimi 15 anni sono stati tagliati circa il 30% dei posti letto e 2000 medici, infermieri e personale sanitario, e vediamo oggi, con la pandemia, le conseguenze di questo disastro. Tra l’altro queste scelte di sviluppo hanno prediletto l’industria degli armamenti a scapito della produzione di apparecchi biomedicali e materiale sanitario. Siamo dipendenti dalle importazioni di materiale sanitario e leader nelle esportazioni di materiale bellico. Questo ci deve far riflettere su che tipo di paese vogliamo essere, su quanto quell’articolo 11 che ripudia la guerra sia stato scientemente disatteso. Sarebbe bello pensare a un paese che esporta materiale per curare invece che per fare la guerra.Oggi stiamo cercando di capire se su Marte c’è la vita e al contempo facciamo la guerra a noi e al pianeta stesso, in maniera consapevole e sistematica.

La pace non è semplicemente una presa di posizione o un’aspirazione. La pace va costruita tutti i giorni. Un antidoto alla guerra c’è e si chiama pratica dei diritti. Basterebbe concentrarsi sul garantire e praticare quotidianamente i diritti fondamentali per togliere terreno a quei gruppi che sfruttano in modo strumentale la loro mancanza per fomentare l’odio e la violenza. Molto spesso sentiamo dire che essere contro la guerra è un’utopia ma se pensiamo all’utopia come un progetto da costruire, forse riusciremo davvero a cambiare il mondo passo dopo passo e a costruirne uno diverso.

ROSSELLA MICCIO, presidentessa di Emergency