Da settembre, in tutta Italia, la scuola riaprirà le porte ai suoi studenti. I primi a tornare tra i banchi sono stati quelli della Provincia di Bolzano, il 5 settembre; mentre i ragazzi dell’Emilia Romagna torneranno in classe solo il 15 settembre. Ricordiamoci che quest’anno sono iniziate le vacanze scolastiche, qui in Emilia Romagna, il 3 Giugno. Per i genitori si tratta di quasi 14 settimane da coprire. Un’impresa che ha un costo, la spesa media settimanale per un centro estivo privato è di 170 euro e solo il 25% delle famiglie se lo può permettere. La lunga pausa estiva è anche un periodo in cui gli studenti sperimentano una regressione: chiamata «summer learning loss».

Il nostro Paese non ha solo più giorni di lezione, ha anche le vacanze più lunghe. Da noi la pausa maggiore è d’estate, mentre in molti Paesi si spezzetta l’anno con più pause brevi: oltre a Natale, Carnevale e Pasqua, anche uno stop autunnale e primaverile.

Il mio contratto di lavoro, io che un contratto di lavoro ce l’ho, prevede 26 giorni di ferie l’anno. Se fossi bravo e riuscissi a concentrare le vacanze tutte insieme – cioè se ipotizzassi di non prendere alcun giorno di ferie a Natale e per nessun’altro motivo durante l’anno – arriverei a 5 settimane. Ne rimarrebbero 9. La mia compagna, ha anche lei 26 giorni di ferie l’anno.

Abbiamo investito in campi estivi privati, che con una copertura dalle 8,30 alle 16,30 lasciano aperto il problema di come conciliare un lavoro non part-time. Avendo due figli e stimando un costo medio di 100 euro a settimana l’operazione ci costa 1200 euro, quanto un viaggio in crociera.

Anche quest’anno, visto che siamo fortunati, abbiamo sfruttato i nonni: conteremo su di loro, fortunati che li abbiamo. Due settimane i bimbi li hanno fatto insieme e le restanti settimane abbiamo come ogni anno usato della creatività: un mix di campi estivi, giornate extra con i nonni, giorni infrasettimanali di ferie prese per alleviare il carico dei nonni, scambio favori con le amiche, pigiama party lunghi e scampagnate estemporanee . Insomma, arriviamo a settembre stremati, non solo noi, i genitori, ma anche i figli, sottoposti a vacanze a mosaico di cui rischiano di perdere il senso.

Con il sistema economico in cui viviamo: con questo mercato del lavoro, in cui chi lavora è sottoposto a ritmi frenetici e pressioni costanti, con questi stipendi, di media tra i più bassi d’Europa, e con questo costo della vita, che invece è in linea con la media europea, è molto difficile che in una famiglia uno dei due genitori possa fermarsi 16 settimane e assecondare la tradizione di partire con i bagagli verso un lido di villeggiatura, lasciando l’altro in città a lavorare.

Tempi e modi irrimediabilmente andati, che resistono solo per quei pochi, privilegiati o esclusi dal mondo del lavoro, che hanno ancora a disposizione 3 mesi di ferie. Insegnanti? Lavoratori stagionali in controtendenza? Calciatori? Musicisti, cantanti, artisti, attori e attrici senza tournée estiva? Ricchi senza tate? Avventurieri? Disoccupati? Lavoratori e lavoratrici precarie che si barcamenano lavorando da casa e riuscendo ad incastrare, nelle loro modalità liquide di lavoro, l’attenzione alla cura dei figli.

Eppure è questa tipologia di genitori (non)lavoratori/trici che deve avere in mente chi pensa di far durare le vacanze estive 16 settimane. Senza neppure prevedere un’offerta di servizi pubblici integrativi.

E così, chi non ha il privilegio del tempo, della rete (nonne e nonni, zii, vicini) o delle risorse economiche per pagare la retta di un centro estivo privato tiene i figli nelle case di città per le 16 settimane, qualche volta anche lasciandoli da soli ad aspettare che uno dei due genitori rientri dal lavoro.

Non mi dispiacerebbe se nel momento in cui si parla di ripensare la scuola si pensasse anche a prolungarne l’apertura, non soltanto per la didattica (che magari con un mese in più di tempo potrebbe svolgersi dando a tutti/e il tempo necessario per imparare), ma anche per far diventare le scuole centri di aggregazione dei quartieri, spazi in cui svolgere attività che favoriscano la partecipazione, l’incontro e l’integrazione.

Per molti anni si è parlato di scuole aperte d’estate. Noi a Bologna lo abbiamo fatto. Dobbiamo rafforzare sempre di più il progetto, attivo da numerosi anni, che non è un semplice “contenitore” per compensare la sospensione estiva della scuola, ma costituisce un’opportunità che agisce sul piano educativo, formativo, sociale, culturale e pone attenzione sia alla delicata fascia di età di ragazzi e ragazze, e specifici bisogni, sia alle basi del loro complessivo benessere e percorso di crescita.

Tuttavia, fanno notare molti genitori, la scuola estiva è stata a secondo della disponibilità delle singole scuole, presidi e insegnanti: un’iniziativa davvero strutturale sarebbe la modifica del calendario scolastico. Ma, per il momento, tutto tace.