In fuga dalla Sicilia perché insoddisfatti del sistema scolastico italiano. È la scelta di una famiglia finlandese che si è trasferita a Siracusa dallo scorso agosto. Dopo un periodo nelle strutture pubbliche italiane si sono lamentati del fatto che “la giornata scolastica si trascorre sulla stessa sedia dalla mattina fino a quando non si torna a casa”, senza possibilità di muoversi. La lettera prosegue poi in una critica approfondita del modello scolastico italiano.
La riflessione della mamma finlandese non è da prendere come una condanna fine a sé stessa, ma come un invito a cambiare il nostro modello di istruzione.
Condivido le parole di questa mamma e di questa famiglia: è impensabile che bambini e ragazzi trascorrano 5-6 ore a scuola con un’impostazione del lavoro ottocentesca.
Un commento simile dovrebbe riaprire il dibattito su come si fa didattica dell’apprendimento. A maggior ragione dopo quanto successo in questi anni, dove abbiamo potuto constatare in concreto la fragilità dei nostri ragazzi.
Personalmente sono appena tornato da una settimana che ho dedicato allo studio del sistema scolastico e formativo a Tampere, in Finlandia, e posso confermare il lavoro interessante sulla didattica e sull’ apprendimento che hanno messo in campo.
Qual’è questo metodo che ha permesso alla scuola finlandese di essere considerata una delle migliori del mondo o addirittura la prima e secondo l’organizzazione Global Partnership for Education, che l’ha premiata nel 2019?
Meno compiti e materie accrpate: per esempio il polo umanistico nella prima parte della settimana, quello scientifico nella seconda; meno ccompiti, non viene delegato l’apprendimento al pomeriggio. Non si costringono le famiglie a far fronte alle lacune con ripetizioni private. La scuola torna centrale e l’insegnante è una figura determinante.
Il punto di riferimento scientifico è la didattica cooperativa: questo significa trasformare la classe in una piccola comunità di apprendimento dove si cresce insieme. Il metodo ha bisogno di tempi distesi, scende lentamente sotto gli strati ma permette di arrivare alla comprensione profonda. La quantità è sostituita dalla profondità, la velocità dalla lentezza.
I ragazzi/e fanno tante attività all’aperto, e i più grandi aiutano i più piccoli. Senza lo stress della competizione e dell’individualismo, il clima è più disteso. L’ambiente è morbido, gli insegnanti siedono accanto ai bambini, le famiglie hanno un atteggiamento positivo, si creano le condizioni per un equilibrio emotivo in tutti, grandi e piccoli.
Se ci si sente bene a scuola, si previene la dispersione scolastica. Con l’insegnante a fianco che monitora passo dopo passo il lavoro quotidiano, la didattica si adatta alla personalità di ogni bambino, così migliora l’autostima e si rafforza il legame con l’istituzione. Le pause sono legate alle esigenze della didattica. Ma chi non ce la fa può uscire dall’aula e rientrare in silenzio, senza dare fastidio. In questo modo si evita lo stillicidio di richieste e ci si responsabilizza.
Sono convinto che la Scuola italiana vada riformata, che le Linee guida vadano aggiornate, che le strutture fatiscenti debbano essere ammodernate, che il tempo pieno, specie al Sud, vada potenziato e registro anche io poca formazione di una parte del corpo docente. Ritengo che la continuità tra i diversi ordini di scuola debba essere maggiormente attuata e che l’Italia investa poco e malissimo sul futuro.
I dati di Eurostat parlano chiaro. L’Italia è il Paese europeo che, in percentuale rispetto alla propria spesa pubblica, investe meno in “educazione”, una categoria che comprende la scuola dell’obbligo, l’università, servizi sussidiari all’educazione e altri tipi di formazione. L’Italia destina l’8,0% della propria spesa pubblica in questo campo, posizionandosi all’ultimo posto della classifica dopo la Grecia (8,3%).
Bisognerebbe rendere l’ambiente scolastico come un ambiente in cui è piacevole stare. Un luogo in cui i giovani devono impegnarsi, ma con un modello di apprendimento orientato al benessere. La critica non è legata al territorio, ma all’intero sistema scolastico italiano. Si faccia didattica in modo differente: gli spunti di riflessione da cui poter ripartire sono tanti. C’è tanto lavoro da fare. Non rendiamo questa critica fine a sé stessa, ma facciamone qualcosa di positivo per noi.
Come Comune investiamo nell’extra scuola mettendo al centro la scuola stessa.