La mancanza di trasparenza è da sempre una strategia efficace per tentare di privare le persone dei propri diritti, siano essi lavoratori o cittadini: i primi, spesso inconsapevoli delle tutele che spettano loro, rischiano di pensare che lo stipendio sia una generosa elargizione e non il corrispettivo per le proprie prestazioni; i secondi finiscono per esercitare la sovranità popolare ingannati da trucchi retorici più o meno complessi, resi particolarmente incisivi dalla comunicazione diretta propagandistica. 

Convocare il Consiglio dei ministri il primo maggio è stata una scelta simbolica/propagandistica, che ha finito per diventare paradossale: il governo si è vantato di lavorare per i lavoratori, nel giorno della festa dei lavoratori, tanto impellente da dover essere svolto in una giornata festiva con l’assenza di dialogo e solo semplice informazione a cosa fatta con i sindacati.  

La risposta dei lavoratori è stata : 30mila persone a Bologna  per dire che i primi passi del governo  in tema di lavoro non sono graditi e che lo sciopero generale è, a questo punto, più di una possibilità.

“E’ il momento di risposte precise e che ci siamo stancati delle propagande serve rispetto per i lavoratori” ha detto Landini segretario generale Cgil. “Farebbe uno sbaglio clamoroso chi pensasse che la nostra pazienza possa durare a lungo. Noi siamo più determinati che mai e saremo più intransigenti che mai.” Lo ha detto Luigi Sbarra, segretario generale Cisl. “Noi apriamo le piazze a chi condivide le nostre idee con le mobilitazioni sindacali e siamo autonomi” ha detto  il segretario della Uil Pierpaolo Bombardieri. Al fianco di Cgil, Cisl e Uil hanno manifestato tanti movimenti e partiti politici. Le occasioni di dialogo e quelle per aumentare la pressione sulle politiche del governo hanno già delle tappe serrate.

Quella bolognese è stata, infatti, la prima delle tre manifestazioni interregionali che contrassegneranno le prime tre settimane di maggio: sabato prossimo si replica a Milano con il nord, il 20 si va a Napoli per raccogliere i lavoratori del sud. Un primo passo, hanno chiarito i leader sindacali, che non solo non vuole esaurire la protesta, ma vuol farle prendere quota in vista dei prossimi mesi. 

Come hanno confermato tutti i sindacati, non abbiamo bisogno di maggiore precarietà. 

Nei giorni scorsi l’Istat ha presentato i nuovi indicatori del Benessere equo e sostenibile, relativi al 2022. Ne emerge la dominanza del lavoro precario, che coinvolge in misura prioritaria: giovani, donne, lavoratori e lavoratrici del sud, immigrati, professioni non qualificate, persone con bassi titoli di studio. Per questo uno dei temi fondamentali da affrontare è  perché in Italia abbiamo una gran quantità di lavoro sottopagato e in alcuni casi ci si può trovare addirittura nella situazione di dover pagare per poter lavorare. 

In un momento in cui crescono le povertà ci sembra folle tagliare il reddito di cittadinanza. C’è un’emergenza salariale, bisogna aumentare i salari in modo molto consistente. Bisogna fare una vera riforma fiscale che colpisca la rendita finanziaria e la rendita immobiliare, che riduca la tassazione sul lavoro dipendente e sono necessarie azioni per contrastare la precarietà. Purtroppo però si và verso una direzione opposta.

Già con la scorsa  manovra erano  tornati i voucher. Con il nuovo decreto lavoro, si potrà ricorrere ai voucher fino al limite annuo di 15mila euro da parte degli utilizzatori che operano nei settori dei congressi, delle fiere, degli eventi, degli stabilimenti termali e dei parchi divertimento, anche se si tratta di aziende con più di dieci dipendenti. Nella visione del governo,  invece, i voucher potranno essere utilizzati anche da aziende con alti profitti, senza alcun riguardo né per le maggiori tutele a cui avrebbero diritto i lavoratori, né per il gettito fiscale di cui lo Stato si priva, favorendo il ricorso a questa forma di pagamento.

Credo che questa cosa non sia più accettabile. Così come non è accettabile che il governo dia la colpa agli immigrati e ogni anno dall’Italia vanno via quasi 120mila giovani che non riescono a realizzarsi. 

E’ arrivato il momento di lottare dal basso assieme alle organizzazioni sindacali per  una nuova stagione del lavoro e dei diritti.