Lo avevamo detto mesi fa che l’introduzione dello Ius Soli nello statuto di Bologna e il riconoscimento simbolico della cittadinanza onoraria a 11 mila bambini di origine straniera, era la partenza di una lotta e non un evento conclusivo. Questo atto ha fatto ripartire un dibattito a livello nazionale sulla riforma della legge 91 del 1992. Quello che abbiamo chiesto è che la città di Bologna guidi una rete di Comuni verso la riforma della cittadinanza nazionale. Numerosi sono le amministazioni che ci stanno chiamando per avere una copia dell’ODG da presentare a loro volta.
In questi ultimi mesi, la commissione Affari costituzionali aveva ripreso i lavori sul testo di Giuseppe Brescia per il riconoscimento della cittadinanza a chi ha completato un ciclo di studi di cinque anni in Italia, incontrando da subito l’opposizione della Lega e di Fratelli d’Italia. Purtroppo è notizia dell’ultima ora che il provvedimento è stato rimosso dal calendario dei lavori di Montecitorio di Maggio. Salta così anche la possibilità di contingentare gli emendamenti: ora la commissione competente dovrà occuparsi singolarmente di tutte e 500 le proposte di modifica, principalmente presentate dalla Lega che ora esulta. La trattazione del provvedimento slitta a giugno.
Da adesso i lavori procederanno molto a rilento e la commissione dovrà analizzare gli emendamenti presentati uno alla volta. Lo stop mette a serio rischio l’avanzamento del testo: per giugno sono in programma anche le elezioni amministrative e il provvedimento potrebbe scivolare verso gli ultimi posti della lista delle priorità di tutti i partiti compresi quelli che più sostengono la modifica di legge.
Matteo Mauri, deputato Pd in commissione Affari costituzionali e responsabile cittadinanza e immigrazione del Partito democratico afferma che “La Legge sulla cittadinanza continua il suo iter alla Camera esattamente come previsto. Tanto che il Pd ha chiesto di calendarizzarla il prima possibile in Aula.”
Noi non ci fermeremo qui, anzi ora più che mai, è necessario fare pressione sui piani alti, ai vertici dei partiti, altrimenti tutto questo rimarrà soltanto un’azione strumentale a fini elettorali per i partiti.
Non dobbiamo abbassare l’attenzione su questo argomento per riportare in primo piano un tema su cui non si discute apertamente dal 2017, quando il Senato ha bloccato la riforma.