4.938 euro. È la somma che molti migranti sarebbero disposti a pagare per raggiungere l’Italia legalmente, in aereo, con tutte le garanzie di sicurezza, inclusa un’assicurazione e una fideiussione. Tuttavia, le ambasciate spesso rifiutano di concedere visti. Il 14 settembre 2023, è stato pubblicato un decreto, firmato dal ministro dell’Interno Matteo Piantedosi e dai colleghi Carlo Nordio (Giustizia) e Giancarlo Giorgetti (Economia), che prevede una “garanzia finanziaria” di quasi 4938 euro come alternativa al trattenimento in un Centro di permanenza per il rimpatrio durante la procedura per l’accertamento del diritto di accedere al territorio italiano. Questa decisione solleva interrogativi importanti sulla giustizia e l’umanità. La vita umana non dovrebbe mai essere messa all’asta.
Nel frattempo, sulle coste libiche, si svolge un orrore indicibile, dove le vite sono valutate in denaro. Miliziani senza scrupoli chiedono un prezzo per la libertà, mentre le vittime subiscono torture, abusi sessuali e privazioni estreme. È un mercato oscuro alimentato dal silenzio complice dell’Europa. Mi chiedo: come può essere giusto valutare la vita umana in termini di denaro? Come possiamo permettere che la disperazione spinga le persone a pagare cifre esorbitanti per cercare una vita migliore? Questo non è solo un problema italiano, ma un problema globale che richiede una riflessione profonda e un’azione urgente.
Questa situazione sembra trasformarsi in un’asta, un’asta sul valore della vita umana.
Abbiamo vissuto una sorta di schizofrenia, con una classe politica che sembrava mettere la questione dell’immigrazione sull’altare sacrificale, spesso per guadagnare consenso, ma che allo stesso tempo non si è dedicata alla costruzione di percorsi di accoglienza adeguati. Questi percorsi sono stati spesso affidati agli enti locali e alle realtà associative e individuali, e il risultato è stato un programma di accoglienza estremamente limitato rispetto alle necessità e alle richieste dell’Europa.
La verità è che ci rendiamo conto di non avere preparato un’alternativa adeguata. Ci siamo trovati con pochi mezzi a disposizione per gestire flussi migratori in costante aumento. Abbiamo semplicemente rimosso un finto tappo che avevamo creato in precedenza. Ora ci troviamo di fronte alla sfida di dover inventare una nuova strada.
Questa strada deve essere europea, ma non possiamo limitarci a dire che l’Europa non deve lasciarci soli. Siamo stati noi a lasciarci soli prima di tutto. Abbiamo bisogno di una leadership politica che generi un cambiamento essenziale. Lo stato di diritto si sta sgretolando sotto la nostra responsabilità storica molto grave.
I politici devono affrontare questo problema con coraggio, prendendo decisioni impopolari ma fondamentali per i diritti umani. Dobbiamo garantire l’accesso a vie regolari per i viaggi, in modo controllato, per tutti coloro che cercano un futuro migliore. La ragion di Stato non può prevalere sull’etica.
La questione migratoria è profondamente politica e richiede una riflessione approfondita. Dobbiamo discutere di come modificare le regole per garantire i diritti di tutti, senza cadere nella retorica dell'”aiutare i poveretti”. Questa è una questione che riguarda l’umanità nel suo complesso, e dobbiamo trovare una soluzione più equa e giusta per tutti.
In sintesi, dobbiamo smettere di trattare la vita umana come una merce d’asta e iniziare ad agire in modo etico, compassionevole e responsabile. Dobbiamo trovare un equilibrio tra il rispetto delle leggi e la protezione dei diritti umani, perché ogni individuo ha diritto a cercare un futuro migliore in modo sicuro e dignitoso. Siamo di fronte a un sistema di norme che hanno deliberatamente dichiarato guerra al diritto all’emigrazione.