Ancora il maledetto 3 ottobre, stavolta quello del 2022. E il mare non è quello di Lampedusa, ma quello al largo della Libia, in cui hanno perso la vita – solo in questo giorno – almeno 75 profughi eritrei
I signori dei “viaggi della speranza”, del traffico di esseri umani, tra Etiopia, Sudan e Libia, ricercati da tutte le procure europee e dall’Interpol, hanno fiutato il denaro e la morte è tornata a spirare dalle coste e dalle oasi libiche, di nuovo meta dei profughi dal Corno d’Africa sconvolto dalla guerra in Tigrai, terrorizzato dai rastrellamenti del regime Eritreo in cerca di reclute, e provato dalla carestia.
Lo scorso febbraio inizia qui la tragica odissea di un gruppo di circa 50 ventenni eritrei fuggiti dai campi profughi Onu nel Tigrai e disertori dell’esercito del governo Eritreo, che partono a bordo di un camion per la Libia. Ciascun profugo lo ha pagato 6.500 dollari per raggiungere le coste libiche e da lì quelle italiane. Ma tre persone, tra cui una donna, muoiono soffocate appena prima del confine sudanese. E, poco dopo, le donne superstiti vengono separate dai compagni e violentate sistematicamente. Quando si riuniscono al gruppo, quattro di loro mancano all’appello, sparite nel nulla. I trafficanti aggregano altre 40 persone in fuga dall’Eritrea che hanno pattuito il pagamento di 4.500 euro.
Dopo due giorni di viaggio raggiungono Agedabian, città costiera della Cirenaica dove vengono consegnati al trafficante libico Mahdi.I carcerieri per convincerli iniziano a torturarli, poi a stuprare le ragazze davanti ai compagni in un crescendo che va avanti finché i parenti sborsano 3.000 dollari a testa per liberarli.
Il 19 settembre Mahdi li carica su un gommone condotto da due egiziani, ma l’imbarcazione si ribalta dopo due ore e quattro persone annegano. Cellulari e satellitare finiscono in mare, impossibile lanciare SOS. Il relitto va alla deriva, i passeggeri che muoiono lentamente di fame e sete vengono gettati ai pesci.
Il fatidico 3 ottobre 2022 le onde ributtano il relitto sulla costa libica. I soccorritori vi trovano 15 cadaveri e sette sopravvissuti in fin di vita, tra cui una donna che spira poco dopo. Invece Aman, Habtom, Brhane, Binyam, Alex e Dejen, i superstiti, vengono imprigionanti a Sifra e si teme che vengano rivenduti.
Sui social l’unica memoria che resta di queste tragedie è l’ennesimo mosaico di volti dei morti nel deserto e in mare.
Ricorderete, a tal proposito, l’accordo siglato il 2 febbraio 2017 tra il governo italiano a guida Gentiloni e il governo di Tripoli – il “Memorandum d’Intesa tra Italia e Libia”?
Lo scopo di questo accordo, fortemente voluto dall’allora ministro dell’interno Minniti, era quello di contrastare l’immigrazione clandestina prevedendo una stretta collaborazione con la Guardia Costiera Libica affinché si riducessero drasticamente gli sbarchi sulle coste italiane. Le motivazioni sulle quali trovava fondamento l’accordo non erano però legate soltanto alla diminuzione dell’immigrazione, ma anche orientate verso l’abbattimento del traffico di esseri umani e la lotta nei confronti delle organizzazioni criminali, da perseguire anche finanziando i sindaci libici delle cittadine lungo la via dell’immigrazione, affinché potessero fornire delle alternative a queste persone disperate, pronte a tutto pur di fuggire dal loro Paese.
Purtroppo, nonostante queste premesse il risultato paradossale è stato il rafforzamento della criminalità che gestisce i migranti e il crescente arrivo illegale direttamente sulle coste italiane. L’Oxfam ha raccolto svariate testimonianze delle terribili torture, stupri, omicidi che avvengono quotidianamente in questi luoghi: «Nei centri di detenzione ufficiali sono rinchiuse oltre 4.500 persone secondo l’UNHCR, mentre in quelli gestiti dalle organizzazioni criminali, ne sono stimati a decine di migliaia. Uomini, donne e bambini che non solo subiscono trattamenti inumani e degradanti, ma rischiano di morire sotto le bombe in un paese in guerra».
Si legge in una interessante analisi condotta da Francesca Mannocchi su L’Espresso: «Le agenzie Onu non sono – per loro stessa ammissione – in condizione di garantire la sicurezza delle persone sbarcate in Libia dalla Guardia Costiera libica, le strutture sono nelle condizioni in cui sono sempre state, cambiare le finestre o dare una mano di pittura a un centro detentivo non significa risolvere il problema. E il problema è la legge: finché non si attiva un processo trasparente di ripensamento del sistema giuridico libico le persone migranti continueranno a essere portate indietro in un Paese che li obbliga a una detenzione sine die, in cui rischiano di diventare ostaggio di milizie, e in cui non è possibile per nessun organo internazionale tutelare la loro incolumità e garantire che non finiscano in un luogo illegale sottoposti a torture e atrocità. “Finché non mettono mano alle leggi, finché non saremo certi di riuscire a registrare tutti e che le persone registrate non spariscano sotto gli occhi delle autorità, non cambierà molto in Libia”, dice Federico Soda (capo missione OIM in Libia, n.d.a.)». Il Guardian ha pubblicato un dossier molto documentato, Amnesty International ha raccolto dati e testimonianze inconfutabili.
È dunque paradossale che non sia stato messo in discussione questo Accordo: il Parlamento avrebbe il potere di farlo, ma fin qui hanno prevalso cinismo e opportunismo e il Memorandum è stato rinnovato. Una politica indifferente anche ai peggiori crimini contro l’umanità – ben documentati dalle Organizzazioni internazionali e dalla stampa – concentrata solo sul mantenimento del potere e disposta a tutto, pur di non sottoporsi al giudizio delle urne. Se entro il 2 novembre il governo italiano non deciderà per la sua revoca, il Memorandum Italia–Libia verrà automaticamente rinnovato per altri 3 anni. Si tratta di un accordo che da ormai 5 anni ha conseguenze drammatiche sulla vita di migliaia di donne, uomini e bambini.
Dal 2017 ad ottobre 2022 quasi 100.000 persone sono state intercettate in mare dalla guardia costiera libica e riportate forzatamente in Libia, un paese che non può essere considerato sicuro.
Più di 40 organizzazioni chiedono al governo italiano di riconoscere le proprie responsabilità e di non rinnovare gli accordi con la Libia.
Le conseguenze del Memorandum sulle persone trattenute in Libia tra abusi, sfruttamento, detenzione arbitraria e torture e la necessità di fare luce sulla gestione dei Fondi europei che finanziano la Guardia costiera libica saranno i principali temi che verranno affrontati mercoledì 26 ottobre 2022 nella grande Manifestazione in Piazza dell’Esquilino, a Roma.