Intervento di inizio seduta di Giacomo Tarsitano nella “Giornata nazionale della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime delle mafie”.
Oggi è una giornata che ha un peso specifico enorme nella vita del nostro paese, coglierne a pieno lo spirito vuole dire fare due promesse: una al passato per non dimenticarlo, una al futuro per costruirlo.
Per me il 21 marzo è sempre stato occasione per vivere uno slancio verso la responsabilità, confrontarmici cogliendone tutti i tratti pesanti e spaventosi fino ad arrivare a comprenderne i lati liberanti e gratificanti. Dalla mia adolescenza ad oggi questa data è stata palestra per maturare, occasione di esperienze, è in questa data che per la prima volta sono sceso in piazza per unirmi in coro ad altre voci, in questa data che mi sono dato tempo per riflettere sulle mie passioni e valori, in questa data mi sono commosso nel ricordo e animato nelle azioni.
Ed oggi come negli anni passati voglio compiere il doppio esercizio di memoria ed impegno per la prima volta in quest’aula.
Questa ventisettesima edizione del 21 marzo titola: “Terra mia”, unendo le dimensioni di coltura e cultura, invitando a prendersi cura della comunità locale nella quale si vive per incidere profondamente nei macro cambiamenti, reinterpretando il nostro essere cittadini, fondendo l’impegno per il rispetto dell’ambiente con quello del nutrimento delle coscienze.
Per questo voglio ricordare un amministratore in particolare che aveva chiaro quale fosse il rapporto tra località e globalità riassumendolo in una frase che ripeteva spesso: “Lo stato siamo noi. Sono i paesi che fanno il Paese: la vera ricchezza è il luogo in cui si vive. La malattia della politica è la lontananza dalla nostra comunità e dalla operosità delle nostre donne e dei nostri uomini”.
Chi pronunciava questa frase era Angelo Vassallo, Sindaco di Pollica, ucciso il 5 settembre 2010 in un agguato mafioso di cui non si sanno ancora oggi i responsabili. La sua politica aveva un forte radicamento territoriale, tanto da rendere estremamente incisive le sue azioni fino a farle apprezzare oltre i confini nazionali, per citarne alcune esemplificative valorizzò estremamente la cultura della dieta mediterranea e promosse interventi strutturali e partecipati per la pulizia dei fondali marini di cui ancora oggi si discute nei convegni internazionali. Nonostante gli 11 anni di mancata giustizia il suo ricordo non si è spento grazie al dinamismo di Dario e Massimo, suoi fratelli, e della Fondazione che hanno creato per dare seguito a quanto fatto da Angelo.
In questi anni una grande onda di attivismo e mobilitazione ha travolto tutta Italia e da questa anche io stesso sono stato travolto.
A Pollica per vari anni ho contribuito all’organizzazione delle iniziative in ricordo di Angelo, in queste occasioni sono cresciuto, è cambiato il mio modo di osservare la realtà che mi circonda e il modo di osservare me stesso. Ho sviluppato, nell’intensità di quei giorni la mia passione per l’impegno sociale e politico. L’adrenalina che mi trasmettevano quei pochi gesti che insieme ad altri attivisti ed attiviste preparavo senza sosta per ricordare un uomo giusto morto ingiustamente mi hanno fatto sentire vivo. Io a Pollica sono nato. A Pollica ho sentito per la prima volta i brividi di soddisfazione per una mia decisione davanti agli occhi stupiti di chi si chiedeva cosa ci facessero dieci ragazzi e ragazze di Bologna in un paesino così distante dalla loro realtà. Ho provato la delusione di non vedere riconosciuto il tenace impegno di chi ha ancora la forza di sognare. A Pollica ho capito che è difficile cambiare il mondo, si può provare ad evitare che peggiori, ma per fare questo bisogna essere fermamente convinti di poterlo migliorare. A Pollica ho conosciuto la fragilità della natura, violentata dalle fiamme appiccate dalle egoiste mani che frugano nelle tasche dei propri interessi e che vedono la luce solo per fare del male. A Pollica ho litigato come mai prima e fatto pace come mai prima. Ho sperimentato la vittoria e la sconfitta. Ho amato. Mi sono sentito per la prima volta adulto, in pieno possesso delle mie scelte e consapevole dei loro risultati se pur piccoli.
Quanto fatto a Pollica non è rimasto sospeso nell’addormentato ricordo che si sveglia una volta l’anno per soddisfare un vuoto senso del dovere, si è trasformato in scelta di vita.
Nel mio caso si è trasformato in Radio CAP (Cominciamo A Parlare), un progetto che ho avviato insieme ad un gruppo di amici e amiche per creare aggregazione giovanile, cultura dell’attivismo sociale, promozione e tutela della libertà di espressione. Un progetto generatore di stimoli, gli stessi stimoli che cercavo io e che oggi vorrei essere in grado di restituire offrendo occasioni per mettersi in gioco nel mio impegno da amministratore e da attivista.
Pollica è un ricordo potente. Non ho mai vissuto di ricordi, vivo con i ricordi. Ciò ha reso Pollica e la sua frazione marina, Acciaroli, luoghi colmi di significato, l’origine di un percorso che ancora oggi trova in loro una tappa fondamentale.
E dunque, concludendo, rinnovo il mio impegno nel promuovere una cultura antimafiosa, e di farlo con la massima dedizione dai banchi del consiglio Comunale. Aderisco all’ODG presentato dal collega Maurizio Gaigher e da tutta la maggioranza per dare seguito alle iniziative che già dall’inizio di questo mandato sono state intraprese, in primis il lavoro per la redazione e adozione di un regolamento sui beni confiscati, strumento di prevenzione e contrasto concreto, sul quale abbiamo già avuto modo di riflettere in un’udienza conoscitiva da me proposta.
Ricordo in ultimo che oggi si è tenuta anche l’udienza introduttiva del processo di appello di “Grimilde”, maxi inchiesta sulle infiltrazioni della ‘Ndrangheta in Emilia, a conferma che il fenomeno è presente nei nostri territori e dobbiamo stare allerta.
#21marzo
Qui sotto l’ODG: