Colgo con favore la volontà dell’amministrazione comunale di Bologna di volere aderire al network nazionale dei comuni amici della famiglia, soprattutto alla luce dello spirito che lo anima, come si può evincere dalle parole che ne descrivono gli obiettivi perseguiti: “Aderire al network significa entrare a far parte di un processo culturale di avvicinamento, di sensibilizzazione e di riorientamento dell’attività delle istituzioni comunali ai bisogni e al benessere delle famiglie. La rete è un moltiplicatore di risorse e di scambi di informazioni esperienze e idee. Consente di conoscere e sperimentare nuove politiche, nuovi modelli organizzativi e di welfare.”
Coerentemente con ciò la connessione tra amministrazioni per definire politiche innovative in ambito familiare credo sia estremamente importante alla luce della complessità culturale e sociale che il tema comporta, per questo condivido in pieno l’ODG presentato dai colleghi della maggioranza nella sua interezza a partire dalle premesse che tanto hanno fatto discutere in commissione, e che ritengo necessarie.
Nella frase “Il Comune di Bologna riconosce come famiglia qualsiasi legame affettivo che comporti costanti azioni di cura, sostegno e rispetto reciproche” non vedo nulla di non condivisibile in modo traversale dato che non pone una definizione stringente di cosa sia famiglia, ma lascia spazio e possibilità di riflettere sulle varie manifestazioni che il fenomeno familiare può avere nel nostro presente, senza costringere ad un posizionamento ideologico e all’affermazione di un modello familiare su un altro, cosa probabilmente pensata da chi non condivide questa premessa.
È importante anche ribadire che la premessa posta nell’ODG non è un’invenzione dei proponenti ma fonda su solide basi giuridiche. È vero che la Costituzione all’art 29.1 afferma che “La Repubblica riconosce la famiglia come società naturale fondata sul matrimonio”, ma è anche vero che la Costituzione prende in considerazione la famiglia di fatto all’art. 30 affermando che “È dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli, anche se nati fuori del matrimonio” e che “La legge assicura ai figli nati fuori del matrimonio ogni tutela giuridica e sociale, compatibile con i diritti dei membri della famiglia legittima”, e che all’art 31 sancisce che la Repubblica “Protegge la maternità, l’infanzia e la gioventù, favorendo gli istituti necessari a tale scopo” non limitando tale garanzia alla famiglia legittima.
A ciò si aggiunge l’art. 2 della Costituzione che riconosce le formazioni sociali ove si svolge la personalità dei singoli, fra le quali rientrano anche le convivenze di fatto, comprese quelle omosessuali, e il campo si potrebbe estendere ad ulteriori casi. È opportuno considerare anche il fatto che sulla base del principio sancito all’articolo 2 ci sono fiumi di giurisprudenza e dibattito dottrinale, con un respiro anche europeo ed internazionale. Ad esempio è interessante la sentenza 70/2020 del Tribunale per i Minorenni di Bologna che afferma che l’adozione in casi particolari (ex l. 184/1983) instaura legami di parentela ulteriori rispetto a quello con il solo genitore adottante, andando verso il riconoscimento del principio dell’unicità dello status di Figlio.
Importante per completezza di esposizione è anche l’analisi del testo Costituzionale nel suo complesso, risalente alle sensibilità del primo dopo guerra, formalmente definibile Rigido alla luce delle modalità articolate di modifica, ma negli intenti dei costituenti dinamico nell’adesione all’evolvere del contesto sociale. Emblematiche in tal senso sono le osservazioni del padre Costituente Piero Calamandrei che approccia in modo critico il testo costituzionale rendendolo vivo, utile e reale, affermando che: “La Costituzione non è una macchina che una volta messa in moto va avanti da sé. La Costituzione è un pezzo di carta che se la lasciata cadere non si muove. Perché si muova bisogna ogni giorno rimetterci dentro il combustibile”. Come Calamandrei credo che il passivo apprendimento o la piana venerazione del testo Costituzionale si limitano a prendere in considerazione un testo ben scritto senza però considerare il nucleo valoriale esplosivo che nella carta si cela e nella carta rischia di rimanere intrappolato, se da questa non ci si lascia interrogare. Ciò credo che dovrebbe essere fatto anche in materia di famiglia.
Va poi certamente citata la legge 76 del 2016 con la quale il legislatore italiano ha regolamentato sia le unioni civili fra persone dello stesso sesso che le convivenze di fatto tra persone “unite stabilmente da legami affettivi di coppia e di reciproca assistenza morale e materiale”, è così spiegato anche il mistero della scelta terminologica nelle premesse all’ODG.
In ultimo lo Statuto di Bologna fa riferimento alla tutela della famiglia, della maternità, della paternità, dell’educazione dei minori, cose che non vanno in contrasto con le premesse, anzi da queste sono meglio rappresentate in virtù della cura del pluralismo che caratterizza le politiche della nostra città. (art.2 com 9 – art.1 com.2).
Concludendo auspico che l’adesione al Network delle città amiche della famiglia possa essere occasione di una seria riflessione sulla famiglia, le sue manifestazioni e il suo valore all’interno delle dinamiche sociali, interrogandosi sinceramente sulle politiche da promuovere con il contributo di tutti i membri del Consiglio.