La Corte di Cassazione, sabato 7 maggio, ha confermato le condanne decise dalla Corte di Appello di Bologna nel Maxi-processo di ‘Ndrangheta “Aemilia”, questa è la definitiva conferma che l’Emilia Romagna è distretto di mafia e che il tessuto economico sociale del nostro territorio è stato colpito dal fenomeno in modo evidente. Dopo che anche la Cassazione si è espressa sul punto, non ci sono più alibi, è lampante che le istituzioni, i privati e la cittadinanza debbano essere consapevoli dei rischi che l’appetito criminale comporta, prima lusinghiero con le sue prede e poi letale. La Giustizia ha fatto il suo corso, ora la Politica deve tenere il passo nelle sedi opportune ed essere all’altezza di un’eredità così pesante ed in grado di costruire un futuro con essa coerente prevenendo ed estirpando il fenomeno con tutti gli strumenti regolamentari e normativi a disposizione.
La pronuncia della Cassazione assume un valore ancora più impattante alla luce dei giorni nei quali è stata emessa, giorni che sono caricati dal pesante ricordo di atti criminali efferati quali l’omicidio Moro e il Mafioso Omicidio di Peppino Impastato che ci ricorda di quanto la mafia fosse diversa e di quanto è stata abile a mutare per continuare a infestare il nostro paese.
Commemorare Peppino Impastato non è solo un esercizio di memoria ma a mio parere è una prima risposta a quelli che sono i doveri che come società civile dobbiamo assumerci per resistere alle infiltrazioni mafiose, in primis aprire una riflessione profonda sulla libertà di espressione, che Impastato ha saputo nobilitare e che oggi pare un diritto sciapo e non all’altezza del ruolo che dovrebbe ricoprire. La parola che in passato era molto più vista come una conquista e uno strumento di lotta, oggi è prostituita o a fotocopiate analisi sui giornali e sui canali di informazione convenzionali o a sbraitati commenti opinionistici sui social. In questa frattura scomposta delle manifestazioni del pensiero l’unico risultato è una frenetica disattenzione che allontana dalla complessità dei fenomeni che caratterizzano il presente, tra cui certamente la criminalità organizzata.
E allora guardo con nostalgia agli anni ’70, a Radio Partinico Libera di Danilo Dolci che con la frase “si marcisce di chiacchiere e di ingiustizie mentre la Sicilia muore” ruppe il monopolio RAI, guardo con nostalgia Radio AUT di Impastato che sapeva dare peso alla satira riempendola di denunce, guardo con affetto alla tradizione della nostra città che ha ospitato molte Radio libere, da Radio Città, ora “città Fujiko”, all’incredibile esperienza di Radio Alice che dava voce a chi non aveva voce, che mescolava le istanze politiche a pratiche artistiche, a Radio Città del Capo, dai cui microfoni ho avuto la fortuna di parlare prima che interrompesse le trasmissioni.
La nascita frequentissima di Radio Libere fece riflettere sul valore della parola, dichiarò la fine di una piatta informazione monopolista. Oggi siamo arrivati all’estremo opposto ugualmente piatto, nella sua confusione, siamo di nuovo ad un punto di partenza. La mia speranza è che una nuova fase di analisi della parola possa esplodere, con percorsi autorevoli che sappiano emergere. Con fiducia, prima da protagonista, ora da amministratore, vedo che si stanno diffondendo pratiche e realtà che fondono arte, informazione e politica, nelle quali il principio della libertà di espressione riassume un peso, spesso sono i giovani a guidarle sotto forma di web radio, riviste online e cartacee, nella stessa vicenda di “Aemilia” la voce libera di un gruppo di studenti e studentesse, “cortocircuito” è stata presa in considerazione negli elementi probatori del processo.
Credo che Bologna possa diventare interprete e riferimento di nuovi metodi comunicativi e di approfondimento e che possa ospitare questa riflessione magari estendendola alla Regione e a tutta Italia.
Per questo richiederò un UC sul tema per saggiare lo stato di salute delle nuove esperienze di informazione, produzione artistica e culturale a Bologna. Per fare questo chiedo anche l’aiuto dei colleghi consiglieri e consigliere che volessero dare un contributo.
Ricostruire la responsabilità e il potere delle forme di espressione penso sia fondamentale per strutturare una risposta ai fenomeni di disgregazione sociale ai quali la mafia pienamente appartiene.