In queste settimane che vedono il nostro Comune protagonista di una riflessione sui giovani con l’istruttoria sull’infanzia e l’adolescenza inaugurata nei giorni passati reputo fondamentale ricordare una figura educativa, della quale in quest’anno si celebrano i 100 anni dalla sua nascita e che ha lasciato come eredità profonde denunce al sistema scolastico, ancora oggi tristemente attuali e meritevoli di attenzione. Mi riferisco a Don Lorenzo Milani, spesso citato sia da destra che da sinistra come esempio da seguire, censurando però spesso le sue parole e la dirompenza del suo pensiero, e io solo quelle voglio fare emergere oggi. 

Don Milani è stato in grado di essere testimone e rappresentante di una lotta di classe che non può ancora dirsi superata, quella tra i poveri che hanno meno mezzi per rendere l’esperienza scolastica reale opportunità di crescita e i benestanti che sfruttano la scuola per ampliare ancora di più il divario sociale che li separa dai primi. 

Il mio sistema scolastico ideale è dipinto nelle pagine di “Lettera a una professoressa” e in particolare in 3 provocazioni che Don Milani, insieme ai suoi studenti lancia contro il sistema istruzione e che ancora oggi rimangono critiche inevase.

La prima provocazione pare la più scontata, ma certamente ancora la meno attuata. Per Don Milani l’elemento sul quale si fonda la scuola è lo studente. “Senza di te la scuola non sa di nulla” questa è l’essenza di una scuola che ha sapore solo se vissuta da tutti, solo se strumento di crescita per tutti, una scuola paziente che non si stanca di inseguire chi non riesce, chi ha bisogno di tempo. Oggi purtroppo è evidente come le volontà politiche si muovano in altro senso, il merito è individuato come strumento di selezione e pilastro per il riconoscimento del successo educativo, dove di selezione e distinzioni non c’è bisogno, piuttosto c’è bisogno di “non fare parti eguali tra diseguali” cercando di incentivare i percorsi di chi è in difficoltà. Per non parlare dell’invocazione dell’umiliazione come strumento educativo, pensiero che nella sua pochezza si commenta da sé.

La seconda provocazione sono felice che Bologna l’abbia fatta sua con le sperimentazioni avviate con il progetto “Scuole aperte”, Don Milani e i suoi studenti dicevano: “La parola pieno tempo vi fa paura. Vi par già difficile reggere i ragazzi quelle poche ore. Ma è che non avete mai provato. Finora avete fatto scuola con l’ossessione della campanella, con l’incubo del programma da finire prima di giugno. Non avete potuto allargare la visuale, rispondere alla curiosità dei ragazzi, portare i discorsi fino in fondo. Così è finito che avete fatto tutto male e siete rimasti scontenti voi e i ragazzi. È la scontentezza che v’ha stancato non le ore.” A Bologna la parola pieno tempo non deve essere un timore ma una sfida alla quale ambire con serietà per creare opportunità e un’offerta educativa di valore.

La terza provocazione tocca direttamente il ruolo dell’insegnante, “Il maestro dà al ragazzo tutto quello che crede, ama, spera. Il ragazzo crescendo ci aggiunge qualche cosa e così l’umanità va avanti.” L’insegnante dunque deve interpretare il suo ruolo con entusiasmo fare emergere parti di sé, i suoi credi, le sue passioni sincere. Lo studente al contempo deve lasciarsi provocare dall’insegnante e vivere senza freni il rapporto con lui. In ultimo il genitore non deve costantemente avocare a sé il ruolo educativo deve essere capace di lasciare spazio, di fare contaminare la propria creatura con il mondo e con i pensieri che lo abitano, anche con il rischio di perderlo. Il primato educativo non può che competere alla scuola pubblica, al rapporto con gli stimoli che la società pone e agli insegnamenti che i maestri danno, ai quali la famiglia può fungere da importante supporto ma non da arma di censura e filtro invadente volto a depotenziare l’esperienza educativa, cosa che purtroppo accade frequentemente nelle nostre scuole, dove gli insegnanti paiono diretti dipendenti dei genitori e delle loro aspettative di successo proiettate sui figli. 

Queste tre provocazioni devono essere guida nel costruire il sistema scolastico e eredità preziosa da tutelare, frutto di un percorso coraggioso guidato da una figura che ha saputo vivere con slancio il conflitto, incamerandolo in tutte le dimensioni della sua vita per innescare cambiamenti nella chiesa, nella scuola e nella società tutta.