Nella scorsa settimana si è verificata una vicenda che ha messo in luce il complesso tema dei Disturbi del Comportamento Alimentare. Una ragazzina di 11 anni di Ferrara in condizioni critiche non riusciva a trovare posto in nessuna struttura. Grazie alla cooperazione tra amministrazioni si è riusciti a collocarla al Sant’Orsola.
Questo caso evidenzia la carenza di strumenti per affrontare la cura e l’accompagnamento di chi soffre di DCA, testimoniata da mancanza di posti, da liste di attesa lunghe e da carenza di personale dedicato.
Eppure i DCA sono sempre più diffusi e i dati che riguardano la nostra Regione sono chiari indicatori della necessità di aprire una riflessione seria sul tema e conseguenti azioni efficaci.
In prevalenza i pazienti in cura in Emilia-Romagna sono giovani e nella stragrande maggioranza di sesso femminile, secondo un’indagine realizzata dal Servizio sanitario regionale e riferita al primo anno di pandemia, che ha visto un notevole aumento dei casi presi in carico e dei ricoverati.
Nei primi sei mesi del 2021 sono state 1.570 le persone assistite per disturbi alimentari, un numero non troppo lontano dalle 1.872 prese in carico in tutto il 2020 e dalle 1.886 dell’intero 2019.
Il 78% degli assistiti nel primo semestre 2021 (1.225) si colloca nella fascia che va dai 14 ai 45 anni, di cui 489, il 31,1% si concentra tra i 18 e i 25 anni.
Tra i pazienti con disturbi del comportamento alimentare presi in carico dal servizio sanitario regionale nei primi sei mesi del 2021 la stragrande maggioranza, quasi il 92%, appartiene al sesso femminile, rispetto ad una quota dell’83,7% dell’intero 2020.
I ricoverati, sono stati 634 nel primo semestre 2021, rispetto ai 449 dell’intero 2020. Anche in questo caso, l’89,3% dei pazienti ricoverati erano donne.
La pandemia, come testimoniano i dati, ha aumentato questa forma di disagi e nonostante gli sforzi fatti dal sistema sanitario per continuare ad offrire servizi di accompagnamento psicologico e cura a distanza, gli esiti di questo periodo storico si stanno ripercuotendo fortemente nella crescita vertiginosa di casi evidenziata.
Credo pertanto che sia importante approfondire il fenomeno anche in sede istituzionale per comprendere a pieno quelle che sono le sue origini sociali e psicologiche e le modalità con le quali affrontarlo elaborando di concerto con i professionisti soluzioni che possano dare risposte e servizi all’altezza.