Concordiamo più o meno tutti nell’aberrare la guerra?
Gli effetti della guerra in Ucraina, così come quelli di ogni guerra, tra cui la guerra del Tigray/Ethiopia del corno d africa che sta impegnando quasi un milione di combattenti, sono a dir poco drammatici: ci sono la tragedia umana e sociale, quella ambientale e quella economica. Le conseguenze di tanta morte e distruzione avranno ripercussioni che si protrarranno per parecchi anni dopo la fine del conflitto.
Visto che diamo così per scontato che la pace sia meglio della guerra, a conti fatti, pare ci sia ancora parecchia gente importante e potente che non la pensi così.
La pace rende liberi, la guerra paralizza, traumatizza, distrugge e dove passa lascia il segno sia geograficamente che nell’animo delle persone che la vivono, le quali non potranno più dimenticarla.
La guerra costa miliardi, toglie soldi a nobili propositi che potrebbero aiutare chi ha bisogno, per non parlare di quanto inquina, basti pensare alle bombe atomiche lanciate durante la seconda guerra mondiale in Giappone, o quelle lanciate per fare delle “prove” in mezzo agli oceani, danni irreparabili alla natura che hanno conseguenze e ripercussioni a lungo termine: la pace invece è gratuita.
La pace crea la possibilità di essere felici, la guerra non crea nessuna possibilità, anzi, annienta tutto ciò che di buono era presente nel posto in cui scoppia.
La guerra è sempre fatta nel nome di qualcuno o qualcosa che poi con la guerra stessa a contatto non ci va assolutamente. Coloro che decidono se le guerre devono iniziare e perché devono iniziare, lo decidono dalla loro comoda poltrona. La pace non crea problemi, li risolve.
La guerra nega tutti i diritti umani fondamentali, la pace li garantisce e ne rende possibile il rispetto offrendo l’opportunità agli uomini di esprimersi e comportarsi liberamente.
La guerra, nei secoli, ha cambiato le sue modalità, è stata in trincea, è stata fredda, è stata in nome delle religioni (che in teoria professano tutte la pace), ed ora è “random” in Europa e in altri posti del mondo, dove stanno scoppiando inaspettatamente bombe tra i civili, come una diabolica e meschina roulette russa che mira ai più deboli ed indifesi. “Almeno” una volta la guerra era dichiarata e si combatteva tra soldati al fronte, c’era un’etica, c’era onore e rispetto del nemico, ora si agisce senza regole, senza rispetto, senza pietà alcuna.
Le nazioni che ripongono molti dei loro capitali nella preparazione alla guerra, nell’armamento e nei finanziamenti a scopi bellici sono nazioni che non hanno come primo obiettivo il benessere dei propri cittadini e il mantenimento della pace. Sono i fatti che contano non le parole.
In un mondo di pace le persone che uccidono e quelle che muoiono senza neppure sapere chi siano e senza avere motivi diretti verso di essi per volerli morti, potrebbero conoscersi, chiacchierare, scambiarsi opinioni ed esperienze arricchendosi culturalmente l’un l’altro.
Tutti indistintamente abbiamo una sola vita, perderla o metterla a rischio per una guerra non può valerne la pena. Vivere l’unica vita che abbiamo ricevuto secondo i nostri desideri e cercando di viverla al massimo è possibile solo in una situazione di pace.
Un appello alla pace in questo periodo nero e buio mi è sembrata l’unica cosa positiva da fare per evitare ancora la solita indifferenza forse ancora più tremenda della guerra. La manifestazione per la pace che si terrà a Roma il 5 novembre sarà una manifestazione di Europe for Peace, che in Italia si traduce nella Rete Pace e Disarmo e in molte altre realtà associative che hanno dato l’adesione.
Intanto, nell’ultimo fine settimana già 30mila persone hanno aderito alla mobilitazione collettiva territoriale che ha coinvolto oltre 100 città italiane.
Partecipiamo a questi eventi e tifiamo per la pace.