Le comunità energetiche sono uno dei tanti strumenti che potrebbero portare il nostro paese e la nostra città verso una transizione energetica reale. Ad oggi però si procede a rilento in materia, tanto è stato fatto in termini di sensibilizzazione ma poco ancora sul piano delle azioni pratiche.
Proprio questo denuncia Legambiente, che con dati alla mano, fa il punto della situazione nell’approfondimento di quest’anno su “I blocchi allo sviluppo delle comunità energetiche”. Sulle 100 comunità energetiche mappate su “comunirinnovabili.it” dall’associazione, tra quelle già operative, in fase di attivazione o in progetto, ad oggi sono 45 quelle in fase ancora “embrionale”, 55 quelle che si trovano in uno stadio più maturo dell’iter di realizzazione, fra chi è legalmente costituito, chi ha già realizzato gli impianti e chi sta attraversando o ha già ultimato la procedura di registrazione presso il portale del Gestore dei Servizi Energetici dedicato alle comunità energetiche. Solo 16 comunità hanno dichiarato di essere riuscite ad arrivare a completare l’iter di attivazione presso il GSE e sono, dunque, operative; mentre solamente 3 realtà hanno ricevuto tramite bonifico la prima tranche di incentivi statali. La maggior parte delle comunità segnala complesse difficoltà burocratiche e una lentezza nel completamento del comparto normativo nazionale e regionale che faciliterebbe la creazione di importanti occasioni di sviluppo.
Proprio quest’ultimo punto merita sollecitazioni a livello politico, in quanto ci troviamo davanti al paradosso di avere tutte le tecnologie che ci permettono di realizzare in maniera diffusa impianti solari, un periodo storico che rende evidente la convenienza nell’investire sul rinnovabile per abbattere il costo dell’energia, dati che testimoniano il fatto che dagli edifici proviene circa il 70 % delle emissioni climalteranti e al contempo però un quadro normativo ed organizzativo che rende una corsa ad ostacoli la promozione della produzione di energia solare. Su questo è necessario lavorare per superare i vincoli inutilmente stringenti delle soprintendenze che rendono inutilizzabili molti tetti, velocizzare le pratiche che permettono l’accesso ad incentivi economici, una più serrata collaborazione tra pubblico e privato per promuovere best practice in modo responsabile ed efficiente, in questo senso si muove l’azione della nostra amministrazione con l’adesione al progetto delle “città carbon neutral”, con la redazione del “climate city contract” e con le assemblee cittadine.
Lo studio della nascita di progetti di comunità energetiche ha evidenziato un ulteriore elemento molto positivo che si aggiunge a quelli già citati: è emersa una grande capacità creativa sui territori che hanno dimostrato in molti casi di sapersi organizzare dando vita a soggetti giuridici espressione di percorsi che hanno creato solide comunità, restituendo ai cittadini protagonismo in ambito di politiche energetiche. Di questo ne sono testimone anche io con un percorso fatto al Quartiere Borgo Panigale Reno in zona Birra che ha visto coinvolti numerosi cittadini sensibilizzati al tema e già pronti a partire con un progetto di comunità energetica.
Tale spinta dal basso è evidente anche sul piano normativo con la presentazione di proposte di Legge di iniziativa popolare e mobilitazioni.
È importante che questa energia propositiva genuina e civica non venga abbandonata alle difficoltà burocratico – normative, per questo auspico che a livello nazionale oltre a parlare di trivelle si inizi a parlare seriamente di politiche energetiche. I decreti attuativi attesi per ampliare l’accesso agli incentivi per impianti a fonti rinnovabili fino a 1000 kw migliorando il limite massimo attuale di 200 kw non possono essere l’unico metodo con il quale si fronteggia la transizione ecologica, serve una politica più ampia. A livello locale si deve continuare a fare tutto il possibile per perseguire gli obiettivi climatici fissati.