In questi giorni sono state numerose le violenze che hanno coinvolto come protagonisti giovanissimi, su tutti il tentato stupro in via Belle Arti da parte di due MSNA. Siamo tutti d’accordo sulla condanna e la preoccupazione relativa a questi fatti. Il merito della discussione si deve porre sulle soluzioni.
A fronte di questi fatti le opposizioni propongono nel dibattitto pubblico a tutti i livelli più pattuglie e non precisate misure più strutturali, forse eliminare certe culture diverse dalla nostra, dimenticando che le mura di case occidentali sono il teatro per eccellenza di femminicidi e che spesso i carnefici sono uomini bianchi, il 23% è commesso da stranieri, ma ricordare questo forse è spiacevole per le forze politiche di destra.
Rispondendo nel merito all’unica proposta esplicita, cioè quella di avere più pattuglie, ricordo alla Sottosegretaria alla Cultura Borgonzoni e chi a livello locale le fa eco che la realizzazione di questa proposta dipende molto da voi e dagli investimenti che sceglierete di fare sulle forze dell’ordine e il loro assetto locale.
Stando a questa logica del gioco delle parti, mentre in città le forze che a Roma occupano incarichi di governo fanno la voce grossa nel richiedere più controlli, a Palazzo Chigi lavorano ad un taglio drastico dei diritti dei minori stranieri non accompagnati che arrivano nel nostro paese.
Nella bozza di un nuovo Decreto Legge saranno i migranti stessi a dover dimostrare la loro età, se quanto da loro dichiarato non coincide con i dati risultanti dai rilievi antropometrici la conseguenza sarà l’espulsione, ignorando tutte le complessità che portano alla determinazione dell’età e il dramma che per queste persone potrebbe implicare un rimpatrio. Capisco che questo non vi interessi, meglio uno in meno che uno in più per voi. Non capisco però come abbiate immaginato la possibilità di collocare, insieme con gli adulti, gli adolescenti tra i 16 e i 18 anni. Questo vuole dire ancora una volta non investire in percorsi strutturati di accoglienza, permettendo che i minori finiscano nei CAS senza alcun accompagnamento e con la logica conseguenza che saranno abbandonati alla strada con tutti i rischi che ciò comporta per loro e per le città che li ospitano.
Con che coraggio presentate mozioni sul tema chiedendo più sforzi al Comune, quando fate di tutto per ostacolarlo?
Ciò che rimane delle vostre azioni politiche scoordinate è una marginalizzazione di ragazzi e ragazze in difficoltà, che crea allarme nell’opinione pubblica e lascia macerie nella realtà, come quelle che in questi giorni ci troviamo a commentare.
Serve un richiamo all’onestà politica e intellettuale, continuare a proporre un aumento dei controlli e politiche di marginalizzazione è ciò che si fa da trent’anni in questo paese e a volte si è fatto anche nella pratica senza produrre alcun cambiamento reale, nonostante ciò questa stanca idea non esaurisce il suo carburante mediatico.
Aumentare i controlli vuole dire salvare una via o una piazza per qualche mese, lasciandone scoperta un’altra: è un’operazione di spostamento del problema non di soluzione dello stesso. Quando si aumenta l’attenzione su una zona bisogna essere conseguenti nel trovare strumenti che prescindano dalla presenza delle forze dell’ordine, in un primo momento fondamentale, per rendere quel luogo realmente sicuro in modo continuato coinvolgendo le energie sociali che lo abitano.
Ciò che serve a mio parere per reagire a queste manifestazioni di violenza è una seria riflessione di lungo periodo sulla capacità dei servizi per accogliere le marginalità, rivolti ai giovani, ai migranti e alle fasce deboli del nostro paese, a partire da questi si può dare un impalcatura solida in grado di fronteggiare i problemi fuori da un’ottica emergenziale. Il resto è distrazione, il resto ci allontana dalla soluzione dei problemi e ci intrappola nel commento sterile di episodi.
Per i migranti, per i MSNA servono approdi dignitosi, un sistema SAI funzionante, un sistema di avvicinamento agli adempimenti burocratici accessibile per facilitare percorsi di autonomia che allontanano dalla strada, per questo io e il mio collega stiamo portando avanti la proposta di uno “One stop shop” in città, in grado di raccogliere in un unico luogo tutto ciò di cui un migrante ha bisogno per intraprendere la propria vita.
Se ambiamo a ridurre la violenza nelle nostre strade, dobbiamo imparare ad accogliere i problemi e non solo ostinarci a respingerli.