I giornali e i media polacchi, innanzi tutto, ma anche gran parte delle testate europee, sono pieni di notizie sulla solidarietà della Polonia, che ha accolto quasi 2,5 milioni di profughi ucraini. Ci siamo scordati degli altri profughi: le migliaia in fuga da Afghanistan, Iraq, Iran, Siria, bloccati da mesi nei boschi lungo la frontiera con la Bielorussia, costretti a sopravvivere in ripari di fortuna, senza viveri, al freddo, spesso sotto la neve. Quelli la polizia polacca li respinge con violenza estrema e i volontari delle Ong che cercano di aiutarli vengono ostacolati in ogni modo. Addirittura combattuti e criminalizzati. Non si è nemmeno citato, in particolare, un episodio denunciato il 26 marzo da Grupa Granica, una delle Ong polacche che si battono per i diritti di tutti i profughi. A prescindere da dove vengano. E’ la vicenda terribile di una intera famiglia curda di 18 persone – tra cui 9 bambini, un ragazzo ventenne totalmente paralizzato, una donna incinta, molti malati – la donna è stata arrestata poco dopo aver attraversato il confine. Una pattuglia la ha sorpresa mentre cercava lentamente di allontanarsi, portando in braccio il ragazzo paralitico, come aveva fatto per giorni per raggiungere la frontiera attraverso la Bielorussia. A quanto pare, solidarietà, accoglienza, assistenza, amicizia non valgono per questi 18 disperati.  Forse perché sono “solo” curdi. Donne, uomini, bambini di un popolo dimenticato da tutti.
Un altro esempio: A Trieste,  pochi giorni fa la decisione di destinare ai profughi ucraini “Casa Malala”, fin qui adibita a chi proviene dalla rotta balcanica. Fuori gli afghani e i pachistani, spostati altrove, dentro gli ucraini. La questione di fondo è il diritto all’accoglienza, che deve essere per tutti.
In queste situazioni, i popoli che fuggono si capiscono a vicenda.
Lunedì pomeriggio, il 28.03. 2022, l’equipaggio della nave mercantile KARINA, dell’armatore Tedesco, ha salvato 32 persone dall’annegamento, in fuga nelle acque internazionali al largo della Libia. Il capitano ha disobbedito all’ordine di portare indietro in Libia i migranti e ha scritto alla SEA-EYE 4. “Le persone devono essere portate in un luogo sicuro”, ha detto. “Un luogo sicuro è un luogo dove la vita dei sopravvissuti non è minacciata e dove i loro bisogni umani fondamentali possono essere soddisfatti. Questa condizione deve tenere conto della protezione dei loro diritti fondamentali. Per i rifugiati, questo significa che non devono essere rimandati in una zona di guerra. Questo vieta il ritorno dei rifugiati in Libia!”
La KARINA e la SEA-EYE 4 hanno concordato un punto d’incontro e si sono incontrate a mezzogiorno di martedì, a circa 55 miglia nautiche dalla costa libica. Di conseguenza, il comando Sea-Eye ha accettato di prenderei sopravissuti a bordo della propria nave. Tutto questo grazie al  capitano della nave Karina, che ha impedito un respingimento in una zona di guerra in violazione del diritto internazionale, il capitano Maksymenko  è ucraino.
Migranti di “serie A” e di “serie B”? No, usiamo questo momento per alzare i diritti per tutti. Come dice l’assessore Rizzo Nervo, che chi ha accolto gli ucraini offrendo la sua  casa vuota a chi fugge dall’ucraina, resti aperto alla solidarietà, anche nei prossimi mesi per i profughi che arriveranno dal Nord Africa o altrove.